Matteotti e il socialismo del suo tempo*

In una lettera del 1904 Matteotti si dichiarava socialista militante “da un pò di tempo”, impegnato nella promozione di circoli, leghe e cooperative a favore del proletariato rurale del Polesine. Nel gennaio 1908 fu eletto nel consiglio comunale di Fratta Polesine, e poi, in virtù della legge vigente, anche di Villamarzana e Boara, dove fu sindaco, e ancora Lendinara, Badia, Bellino. Dal 1910 fece parte del consiglio provinciale di Rovigo, da cui fu escluso per incompatibilità durante la guerra, ma vi tornò con le elezioni del 1920. Matteotti mantenne sempre un legame profondo con il territorio, traendo dalla esperienza di amministratore locale continua ispirazione.

Matteotti era convinto che al proletariato, in quanto prodotto del capitalismo, spettasse il compito di indirizzare lo sviluppo nel segno della libertà individuale e collettiva e della giustizia sociale. Del socialismo coltivava un’idea etica e pedagogica, che presupponeva la spinta dal basso e si alimentava di esperienze solidali e di competenze acquisite: si faceva, insomma, patrimonio collettivo diffuso, traducendosi in un’opera di civilizzazione di portata storica. Fu un riformista perché pensava e operava per il progressivo allargamento della cittadinanza politica e sociale, senza dogmatismi ma con tenacia assoluta, convinto com’era che il socialismo fosse meta ideale, ma anche prassi concreta in quanto sistema di valori che si definivano nel farsi.

Matteotti affidava ai corpi sociali l’articolazione del graduale processo riformatore. Essi erano il comune, deputato all’esercizio delle libertà e alla “solidale convenienza”; la scuola, requisito per lo sviluppo produttivo e “strumento primo e validissimo dell’emancipazione dei lavoratori”; la lega, unità sindacale di difesa salariale, ma ancor più di distribuzione del lavoro, e financo embrione della comunità solidale; la cooperativa, come strumento per “democratizzare” il capitale liberandolo dagli intermediari e conferire all’organizzazione del lavoro continuità e capacità produttiva.

Erano gli anni in cui il Partito socialista italiano, costituito al congresso di Genova nel 1892, si andava diffondendo attraverso circoli e sezioni territoriali, si dotava di sedi stabili, dava vita ad una fitta rete di fogli locali e ad un quotidiano (“Avanti!”, dal 1896), vedeva crescere i propri consensi nelle elezioni politiche e amministrative. A latere si andava sviluppando un forte movimento cooperativo (la Federazione, poi Lega nazionale nasceva nel 1889) e sindacale, fondato sulle camere del lavoro e sulle federazioni di mestiere, che nel 1906 dettero vita alla Confederazione generale del lavoro. Nell’immaginario collettivo del movimento socialista, in Italia e in Europa, era l’attesa che il nuovo secolo gli appartenesse**.

 * L’ascesa del mondo socialista, di Maurizio Degl’Innocenti, prof. Ordinario di Storia contemporanea.

** Un universo associativo che si rappresenta e si propone.

 

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