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Convegno su Luciano Della Mea

Pisa, 29 settembre 2017

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DellaMea

Il volume è uscito nella collana della Fondazione per i tipi Lacaita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Convegno su Luciano Della Mea
alla Gipsoteca di Arte Antica dell’Università di Pisa
(29 settembre 2017)

Al tavolo della presidenza, da sinistra il Magnifico Rettore
Paolo Mancarella,
il prof. Adriano Prosperi,
il prof. Maurizio Degl’Innocenti.

 

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Ricordo di Ennio Di Nolfo (1930-2016) alla Fondazione di studi Storici “Filippo Turati”

DiNolfo

Ricordo di Ennio Di Nolfo (1930-1916)

Un anno fa Ennio Di Nolfo ci ha lasciato. Gli allievi, d’intesa con la famiglia, hanno proposto di promuovere nella sede della Fondazione di studi storici “Filippo Turati”, dove Egli stesso volle che fosse allestita la Sua camera ardente, un ricordo con la partecipazione di tutti coloro che gli furono più vicini e partecipi del Suoi insegnamenti. Ad altra sede pubblica sarà destinata la commemorazione della Sua figura di grande storico, accademico e intellettuale impegnato.

Nel farla propria la Fondazione ringrazia i promotori dell’iniziativa, perché così le viene consentito di riaffermare in modo non formale il legame profondo con l’illustre collaboratore. Il rapporto culturale con Di Nolfo, nato a metà degli anni ’70 nella collaborazione con dell’Istituto socialista di studi storici e poi consolidato con la Fondazione di studi storici “F.Turati” che da quello ebbe origine nel 1985, è stato intenso, significativo e costante fino alla Sua scomparsa. Nel tempo il legame, fondato sulla reciproca stima, si è fortemente consolidato anche sul piano umano.

Molteplici sono le attribuzioni dovuteGli: innanzitutto, l’attenzione costante allo scenario internazionale, in un’ottica comparativa, e, in relazione a ciò, alla lunga durata dei fenomeni, in particolare messi a fuoco nelle crisi epocali, senza mai trascurare tuttavia l’importanza dell’evento, il ruolo dei gruppi e degli individui. In secondo luogo, ne va ricordata la sinergia, niente affatto comune, tra rigore degli studi e impegno civico, lontano da stereotipi e dogmatismi.

Tra i suoi primi contributi ci fu la proposta della promozione di un convegno storico internazionale su Rivoluzione e reazione in Europa, 1917-1924, che si tenne a Perugia nel 1978, con la partecipazione di eminenti studiosi italiani e stranieri. Il convegno si rivolgeva in particolare agli studiosi e ai militanti dell’intera sinistra, a metà di quel decennio in forte ascesa, ma in Italia con un forte e crescente squilibrio tra comunisti e socialisti. Lo scopo era di contribuire al definitivo superamento delle distorsioni interpretative della vulgata leniniana sulla attualità rivoluzionaria in Italia, e con essa dell’ipotesi terzo internazionalista, mettendo in luce come le scissioni dei partiti socialisti europei si consumassero paradossalmente al culmine della parabola discendente della proclamata prospettiva rivoluzionaria in Europa. In tale ottica l’occasione mancata non appariva più quella della rivoluzione, ma semmai della mancata democratizzazione dello Stato liberale prebellico, che avrebbe favorito di lì a poco l’insorgere delle svolte totalitarie in molti paesi d’Europa. Gli atti, in due volumi, che ancora oggi si leggerebbero con profitto, invitavano ad una rinnovata rilettura della crisi sociale e politica del primo dopoguerra e più in generale del socialismo europeo, sollecitato ad attrezzarsi per il governo della società contemporanea.

Un naturale sviluppo di quel progetto fu qualche anno dopo, nell’aprile 1980, il convegno internazionale La Sinistra europea nel secondo dopoguerra, 1943-1949, i cui atti uscirono a cura di Marta Petricioli. L’idea di fondo era che alla fine della seconda guerra mondiale e dopo gli anni della resistenza, la sinistra europea aveva avuto la possibilità di esercitare un’influenza risolutiva nella ricostruzione politica, istituzionale e economica dell’Europa, ma che gran parte delle speranze suscitate andassero deluse. Il convegno ne esaminò limiti soggettivi e ostacoli oggettivi, ma non trascurò di mettere in luce anche le conquiste reali. Ancora una volta, si palesava la diffidenza nei confronti dello schema abusato delle occasioni mancate, che troppo spesso nasconde l’inerzia dello studioso o, specialmente in Italia, la presunzione di un soggetto politico mancante, che si vorrebbe risolutivo.

A quel convegno fece seguito nel 1982 il volume di Antonio Varsori, Gli alleati e l’emigrazione democratica antifascista, 1940-1943, che investiva un problema di fondo: dal 1936, e in particolare dal 1939, era chiaro che solo una grande crisi internazionale e quindi un intervento esterno avrebbe potuto provocare la caduta del fascismo, con la sconfitta dell’Asse e con la conseguente creazione in Italia di un nuovo regime politico nel vincolo di dipendenza dalla vittoria alleata. Ai gruppi di esuli italiani, operanti nell’emigrazione, spettava il compito di tentare di influenzarne gli orientamenti. Una impostazione largamente condivisibile, ma che allora risultava tutt’altro che pacifica.

Tralasciando altre iniziative, non posso tuttavia dimenticare nel 2002 la promozione del convegno sulla politica estera italiana degli anni ’80, impostato sul confronto tra studi rigorosi, per lo più affidati agli allievi nel frattempo affermatisi per competenza specialistica e inseriti nell’accademia, e la memoria/testimonianza dei protagonisti. L’iniziativa implicava una riflessione non di maniera sull’azione politica di Bettino Craxi, portando nuova attenzione allo scontro a Sigonella e sulla difficile costruzione di un rapporto di fiducia con gli USA, specialmente nella fase di installazione degli “euromissili”, sui rapporti con le potenze del G-5, divenuto G-7, sul ruolo svolto dall’Italia nel campo della cooperazione e dello sviluppo, sulla politica balcanica e sulla definitiva chiusura del contenzioso con l’Austria in merito all’Alto Adige/Sud Tirolo, ed infine sull’impegno italiano per il ritorno alla democrazia in America latina. In tale circostanza non mancò un’attenzione particolare ai lavori del consiglio dei ministri della Cee a Milano nel giugno 1985, da cui scaturì un nuovo impulso per la trasformazione della CEE in Unione europea. Fu un lavoro pionieristico, come scrisse lo stesso Di Nolfo nel volume che ne raccolse gli atti, perché si poneva dal punto di vista del definitivo superamento della fase di rimozione e di silenzio con cui quelle vicende erano avvolte e, non meno, delle polemiche suscitate, sostituendo la storiografia alla agiografia e alla nostalgia da un lato, e alla polemica aprioristica e sterile dall’altro.

Infine, tra gli ultimi scritti di Di Nolfo, deve citarsi Matteotti, la guerra e l’Europa, che, in sua forzata assenza, ebbi l’onore di leggere al Parlamento europeo in occasione della inaugurazione della mostra che la Fondazione promosse insieme alla Fondazione Matteotti il 7-31 luglio 1915. Di Nolfo tornava allora su un tema a lui caro, in parte anticipato nell’introduzione ad un volume curato nel 2013 da Stefano Caretti su Giacomo Matteotti e la guerra, e poi affrontato alla Camera dei deputati in occasione della solenne commemorazione di Matteotti il 10 giugno 2014. L’argomento atteneva al precario assetto internazionale uscito dalla prima guerra mondiale, al problema della Germania e al conflitto permanente tra questa e la Francia in merito alle riparazioni in quanto dominante tutta la vita europea e “il futuro di ogni sistemazione pacifica”. Con il consueto acume coglieva in Giacomo Matteotti l’interprete di un socialismo riformista che rifletteva e si proponeva di agire in relazione all’ordine internazionale: la misura, non l’unica, ma certo essenziale, dell’arte del governo.

All’attività della Fondazione Di Nolfo non portava solo un prezioso contributo culturale, che si accompagnava ad una straordinaria efficacia espositiva; ma con la sua saggezza pragmatica e autorevolezza contribuiva anche, insieme a molti altri amici e colleghi oggi scomparsi, a farne una comunità di studi rigorosi fondata su un’alta consonanza etica e su un impegno civico condiviso.

Ha lasciato alla generazione più giovane un’eredità preziosa, e molto impegnativa.

Maurizio Degl’Innocenti


In occasione dell’inaugurazione della mostra Matteotti, the war and Europe, promossa dalla Fondazione Turati a Strasburgo presso il Parlamento europeo (7-31 luglio 2015), fu letto un testo del prof. Di Nolfo.

clicca qui per L’INTERVENTO DEL PROF. ENNIO DI NOLFO (Strasburgo, 7 luglio 2015)


Alla Camera dei deputati il 10 giugno 2014 per la Commemorazione di Giacomo Matteotti a 90 anni dalla morte il prof. Di Nolfo presentò il suo intervento.

clicca qui per L’INTERVENTO DEL PROF. ENNIO DI NOLFO (Camera dei deputati, 10 giugno 2014)
clicca qui per IL FILMATO DELLA COMMEMORAZIONE (da webtv.camera.it)


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“L’età delle donne”

La Fondazione di studi storici annuncia la pubblicazione del volume

L’età delle donne

di Maurizio Degl’Innocenti

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Clicca qui per leggere il risvolto di copertina

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“Eugenio Rignano e il socialismo liberale”

La Fondazione di studi storici annuncia la pubblicazione
nella propria collana per i tipi Angeli del volume

Eugenio Rignano e il socialismo liberale

di Massimo Furiozzi

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Giovanni Pieraccini

La Fondazione di studi storici “Filippo Turati”
esprime profondo cordoglio per la scomparsa di

Giovanni Pieraccini

alta personalità della politica e della cultura italiana,
sempre impegnata sul bene comune,
grande amico della Fondazione

Pieraccini

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Capo d’Orlando “SANDRO PERTINI E LA BANDIERA ITALIANA”

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Capo d’Orlando, Centro culturale “Antonio Librizzi”
15-30 luglio 2017

L’esposizione sarà inaugurata il 15 luglio 2017, alle ore 17,30 dai proff. Antonio Matasso, Stefano Caretti e Maurizio Degl’Innocenti.

Cliccare qui per il programma

 

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PER NON DIMENTICARE

Il delitto Matteotti
(10 giugno 1924-10 giugno 2017)

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La macchia della Quartarella dove fu sepolto il cadavere di Matteotti

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Filippo Turati (al centro) con Claudio Treves e l’odontoiatra Vincenzo Duca si recano a Riano per il riconoscimento ufficiale della salma

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La pietra che separa l’on. Matteotti dal popolo italiano, Scalarini sull'”Avanti!”

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PER NON DIMENTICARE

La Fondazione di studi storici annuncia la pubblicazione
nella propria collana per i tipi Angeli del volume

Il processo alle Brigate Rosse
(Torino, 17 maggio 1976 – 23 giugno 1978)

di Emilio Raffaele Papa

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Cinque domande all’autore

D. Caro professore, rispetto alla prima edizione del Suo saggio, da tempo esaurito, ha inserito parti nuove?

R. Ho aggiunto al racconto del processo alla Corte d’Assise di Torino(1976-1978) ai capi storici delle Brigate Rosse ,una parte introduttiva, ed un capitolo di conclusioni. Perché mi è sembrato opportuno dopo ormai quarant’anni, parlare di tale avvenimento anche sul piano dell’analisi storica, e trarre qualche insegnamento da una tanto drammatica esperienza.

D. Nell’ambito delle organizzazioni terroristiche europee, quale tratto caratteristico rivestivano le Brigate Rosse in Italia?

R. Dopo il 68, su altro piano ideale, si formarono in Europa organizzazioni comunistiche alcune delle quali passarono all’azione terroristica. Accanto a queste prese piede in Italia  il caso specifico delle BR , le quali credettero in un loro piano politico di azione terroristico-rivoluzionaria, di tipo dimostrativo delle loro possibilità di successo ed in attuazione di principi eversivi che propagandavano con “comunicati” di denunzia e di imminente loro vittoria. Cercavano di creare via via le condizioni per il crollo e per la resa del “sistema capitalistico italiano” , alimentando una sempre crescente paura.

D. A Suo avviso, si può parlare di una parabola del terrorismo brigatistico?

R. Ci fu, in effetti, una escalation del terrorismo brigatistico; il quale raggiunse il suo massimo successo con il sequestro dell’on. Moro (dopo un susseguirsi di rapine, di conflitti a fuoco anche in campo aperto con le forze dell’ordine – e perfino la conquista di un carcere, per liberare un brigatista che vi era recluso).

D. Quale rilevanza ebbe il processo alle Brigate Rosse nella storia giuridica del nostro Paese, anche in relazione all’autodifesa sostenuta dagli avvocati?

R.  Il tema dell’autodifesa che gli avvocati inutilmente sostennero al processo fu un tema di valore civile inoppugnabile, ma diede vita ad un dibattito il quale non andò poi avanti dopo il processo. E’ la regola di sempre. Quando una civiltà giudiziaria è tenuta a bada da una inefficiente classe politica, passato il pericolo dell’eversione, le posizioni più evolute perdono campo. Ed i grandi temi restano fra le quinte, ormai…inermi.

D. Quale fu la Sua diretta esperienza?

R. Gli avvocati difensori di ufficio, rifiutati dai loro difesi, ed anzi, dagli stessi “condannati” (“spareremo sulle vostre toghe”) al processo si sentirono uniti, malgrado fossero delle più disparate opinioni politiche. Io mi destreggiavo fra le lezioni universitarie e le interminabili udienze del processo, quasi abbandonando il mio studio legale. Non furono giorni facili. Fuori dall’aula del processo, la gente ci guardava quasi facessimo parte di uno spettacolo. Non realizzava la portata degli avvenimenti.

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Sorveglianza della Caserma – Corte d’Assise

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PER NON DIMENTICARE

Delitto dei fratelli Carlo e Nello Rosselli
(9 giugno 1937 – 9 giugno 2017)

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In copertina: Carlo Levi, Ritratto di Carlo Rosselli, 1932

SOCIALISMO LIBERALE E SOCIALISMO EUROPEO

Definisco qui “socialismo liberale” una tendenza caratterizzante la fase iniziale del movimento di “Giustizia e Libertà”, componente dell’antifascismo italiano tra le due guerre, che perseguiva nella e attraverso la lotta al fascismo anche il rinnovamento del socialismo italiano (e non) intorno all’Etica e ai valori spirituali, riassunti nel concetto di “nuovo umanesimo”. Di tale tendenza si evidenziarono diverse versioni o approcci, ma si può dire che essa era largamente riconducibile alla figura di Carlo Rosselli, prendendo nome e definendosi infatti in rapporto al saggio Socialisme Liberal, scritto dal medesimo al confino di Lipari, e poi, con qualche integrazione e correzione, pubblicato a Parigi nel 1930.

Cliccare qui per leggere l’intero saggio da Carlo Rosselli e il socialismo liberale, a cura di Maurizio Degl’Innocenti (Lacaita, 1999), pp. 65-107.

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Convegno internazionale sulla public history

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