La nostra storia

La Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati”, con sede legale ed amministrativa a Firenze, si è costituita il 20 maggio 1985 ed è composta da docenti, ricercatori universitari e studiosi. È divenuta Ente morale a seguito del D.P.R. del 6 novembre 1986. Tra le sue finalità sono: «si prefigge lo scopo di promuovere e organizzare l’attività di ricerca, di studio, di documentazione e di divulgazione, di interesse sociale, nel campo degli studi di storia con riferimento alla politica, all’arte, alle discipline umanistiche e scientifiche, al fine di contribuire al progresso della cultura italiana e europea, nella collaborazione e nel confronto tra studiosi di diverso orientamento» (art. 1 dello Statuto). La Fondazione promuove inoltre nello stesso ambito la ricerca scientifica sia in Italia che all’estero.

Fin daSandro Pertini, primo presidente della Fondazionella sua costituzione la Fondazione fu presieduta dall’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini cui è succeduto il professor Giuliano Vassalli, Presidente emerito della Corte Costituzionale.

 

 

 

 

Attualmente, la Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” è presieduta da Maurizio Degl’Innocenti.

Il presidente della Fondazione, prof. Maurizio Degl'Innocenti

 

 

 

 

 

 La Fondazione di studi storici “Filippo Turati” e Firenze

Nel 1976 un gruppo autorevole di storici delle diverse Università italiane si riunì per dare vita all’Istituto Socialista di Studi Storici. Degli organi direttivi dell’Istituto facevano parte, tra gli altri, Giorgio Spini, che ne assunse la presidenza, Angelo Ventura, Gaetano Arfè, Stefano Caretti, Valerio Castronovo, Gaetano Cingari, Enrico Decleva, Maurizio Degl’Innocenti, Piero Del Negro, Furio Diaz, Ennio Di Nolfo, Franco Gaeta, Giuseppe Giarrizzo, Fabio Grassi Orsini, Carlo Lacaita, Emilio Papa, Alceo Riosa, Carlo Vallauri. Al fondo era l’aspirazione a dare corpo ad una solida cultura riformatrice che si affidasse al rigore dello storico contro i pregiudizi ideologici e le velleità dell’estremismo in una stagione particolarmente difficile della società italiana, indebolita dalla crisi economica, con un equilibrio politico vacillante, sotto l’offensiva della strategia della tensione e del terrorismo. A premessa erano posti il libero dibattito di idee e la libertà di ricerca e di espressione.

         Quel gruppo fu concorde nel porre la sede a Firenze. L’elemento umano e accademico ebbe un ruolo importante in tale scelta, così come lo ebbe la consapevolezza del ruolo svolto dalla città nella affermazione dell’Italia repubblicana e democratica. Ma non meno determinante fu la comune convinzione che a Firenze fosse un terreno culturale tradizionalmente fertile, nel contatto con istituti di ricerca e accademici di riconosciuta autorevolezza a livello nazionale e internazionale, sufficientemente lontano dalle possibili pressioni del mondo politico romano, ma, di contro, aperto al rapporto con gli enti territoriali nell’interesse delle comunità locali. L’atto insediativo dell’Istituto fu il subentro alla neonata Regione Toscana nell’affitto di locali in Via Ricasoli 49. Fu una scelta felice. In collaborazione con le Università italiane, il CNR e gli istituti di studi e documentazione esteri più prestigiosi furono avviate innovative ricerche, iniziative editoriali e convegnistiche che in breve fecero dell’istituto fiorentino un centro di riferimento e di aggregazione di eccellenza. Tra gli altri, sono da ricordare i progetti sul socialismo italiano e più in generale sulle strutture identitarie della sinistra in chiave comparativa a livello europeo; nonché sui grandi snodi della storia moderna e contemporanea, dal convegno su Rivoluzione e reazione in Europa, 1917-24 a La sinistra europea nel secondo dopoguerra, a La “Gloriosa” Rivoluzione inglese del 1688. Nel contempo il Partito socialista italiano versava all’Istituto le carte della Direzione, e insieme a tale fondo originario si andò costituendo un patrimonio archivistico rilevante con le ulteriori donazioni di eminenti personalità della cultura e della politica italiana del ‘900. Senza dubbio, ciò è stato un contributo prezioso anche alla vita culturale di Firenze. A tutela e valorizzazione del patrimonio, nel 1985 l’Istituto, nella persona del suo presidente, Giorgio Spini, costituì la Fondazione di studi storici Filippo Turati, la cui presidenza fu assunta da Sandro Pertini, al termine del Settennato. Come dichiarò lo stesso Pertini, con ciò si ribadiva l’impegno a difendere, in modo più strutturato, i principi di autonomia culturale, di rigore scientifico e di libertà posti a fondamento dell’azione comune. Alla morte di Pertini nel febbraio 1990, la presidenza fu assunta da Giuliano Vassalli, futuro presidente della Corte Costituzionale, a cui nel 1998 subentrò Maurizio Degl’Innocenti.

Nella sua storia ultratrentennale la Fondazione ha conosciuto uno sviluppo esponenziale. E’ parte attiva nella IALHI, nell’ITH, nell’AICI. Vanta l’inserimento nelle tabelle del MIBACT e del MIUR, nonché in quella della Regione Toscana, dove è collocata nei primissimi posti tra gli istituti riconosciuti di interesse regionale.  La sua biblioteca ha raggiunto i 115000 titoli e per la sua specializzazione si integra perfettamente con la rete pubblica e privata esistente, partecipando alla catalogazione informatizzata Sbn nel polo coordinato dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (della quale, tra l’altro, è network partner nell’ambito del progetto Europeana, 1914-1918), praticando il servizio di prestito tramite la biblioteca comunale delle Oblate, e infine non mancando di implementare il patrimonio bibliotecario di altre enti operanti sul territorio. L’archivio custodisce oltre quattro milioni e mezzo di documenti. Le sue collezioni sono state dichiarate di interesse nazionale dalla Sovrintendenza archivistica per la Toscana. Aderisce al SIUSA e al SAN e opera in stretta collaborazione con la Direzione Generali Archivi del Mibact, nonché con lo Sdiaf. Entrambi sono aperti al pubblico, e vantano la frequentazione di studiosi provenienti da tutto il mondo. In sede la Fondazione gestisce il museo virtuale e centro espositivo “Sandro Pertini” (CESP), che fu costituito in collaborazione con l’Associazione Nazionale “Sandro Pertini”, poi confluita nella stessa Fondazione che ha provveduto a dar vita ad un Centro studi e documentazione al fine di preservarne e svilupparne le prestazioni. Nel consolidato legame con Firenze, ha dato vita al portale “Firenze ieri e oggi”, mentre collabora anche al portale “Archivi in Toscana”. L’eccellenza dell’attività di ricerca, convegnistica ed espositiva, in primis in collaborazione con le Università della Toscana, trova testimonianza in tre collane editoriali, che complessivamente superano 180 titoli. Ha partecipato e partecipa ai progetti di ricerca promossi d’intesa con il Comune di Firenze, come, di recente, su Le ferite della guerra. Lacerazioni e ricomposizioni dell’identità di Firenze e La Patria divisa: società, cultura e politica a Firenze 1918-1922. Molte delle iniziative più significative della Fondazione sono state ospitate in Palazzo Vecchio, dal convegno Volontariato e mutua solidarietà. 150 anni di previdenza in Italia (2010), a quelli su La gestione dei beni culturali in 150 anni di storia d’Italia (2011) e su Sandro Pertini nella storia d’Italia (2016). La Fondazione ha sempre dedicato grande attenzione anche alla formazione, erogando borse di studio e contribuendo al finanziamento di assegni di ricerca, promuovendo stage, attivando corsi di aggiornamento per archivisti e bibliotecari, aderendo a progetti di alternanza scuola/lavoro con istituti di istruzione superiore dell’area fiorentina, incentivando visite guidate alla biblioteca per studenti, da ultimo anche stranieri. Ha poi sottoscritto con il MIUR un Protocollo d’intesa, nell’ambito del quale viene bandito ogni anno un concorso aperto a tutte le scuole italiane su “Matteotti per le scuole”. Tale concorso è giunto ora alla quarta edizione.

Si può ben dire dunque che l’attività della Fondazione rispetto all’Amministrazione comunale di Firenze si configuri in modo virtuoso ai sensi di quella sussidiarietà che è unanimemente invocata, anche se poi troppo spesso viene dimenticata. Un riconoscimento esplicito è dato dalla costante conferma delle convenzioni sottoscritte dalla Fondazione e dal Comune di Firenze. La prima con l’impegno ad erogare con rigore e continuità i servizi nell’interesse della comunità fiorentina; il secondo mettendo a disposizione la sede. Già nel 1993 con ordinanza d’urgenza il sindaco Morales assegnò alla Fondazione tre cubi al Parterre per circa 600 mq, che più tardi divenne anche la premessa di creare ivi una “cittadella della cultura” dando ospitalità ad altre associazioni culturali. Le amministrazioni successive ne cambiarono destinazione e cominciò allora un complicato percorso che con un comodato a titolo gratuito portò infine la Fondazione nei locali attuali di Palazzo Coppi (o Casa Lapi) in Via Buonarroti 13, condivisi con la Federazione regionale delle associazioni antifasciste. L’inaugurazione avvenne con una solenne cerimonia in Palazzo Vecchio alla presenza del Presidente della Repubblica, che, insieme al Presidente del Consiglio dei Ministri, aveva seguito l’intero iter. Nel 2003-2004 la manutenzione straordinaria di Palazzo Coppi rientrò tra i programmi strategici della politica culturale della Giunta (sindaco Domenici), insieme alla sistemazione del Forte di Belvedere. La Giunta Renzi tornò su quel provvedimento e collocò Palazzo Coppi tra gli immobili alienabili, salvo poi revocare tale decisione. Nel 2011 il nuovo regolamento comunale impose il pagamento di un canone di affitto molto oneroso, che tanto la Fondazione quanto la Federazione considerarono eccessivo, nonostante la disponibilità manifestata dagli uffici al taglio dell’onere complessivo. Resta, quest’ultimo, un problema ancora aperto. Ciò riporta ad un’esigenza più generale, e cioè quella di favorire, ancor più di quanto si sia fatto, la sinergia in rete tra le istituzioni operanti sul territorio, specialmente nella gestione del patrimonio librario e archivistico con i correlati progetti scientifici. Certo, vi si richiedono risorse, i cui benefici effetti sono misurabili più nel medio-lungo periodo che nell’immediato.

La sopra citata “cittadella della cultura” era forse troppo ambiziosa, ma l’aspirazione a pensare e a agire “in rete” che l’animava aveva pur sempre un senso, contro i rischi della frammentazione e dell’isolamento. L’esperienza della Fondazione porta a considerare le grandi potenzialità ancora presenti a Firenze, e dunque a immaginarne possibile il rilancio di grande capitale culturale dell’Europa. Ma da tutte le parti deve prevalere l’idea della sinergia tra pubblico e privato, facendo sì che a quella idea corrispondano comportamenti coerenti.