Un universo associativo che si rappresenta e si propone*


Alla fine dell’Ottocento, il movimento operaio sviluppa e coltiva un’immagine di sé tale da acquisire attenzione e consensi, fino a annunciare la realizzazione di quella società futura mitizzata nel «sole del Socialismo». Sviluppando una rete di circoli e società, il movimento operaio si propone come soggetto nuovo e moderno, in grado di misurarsi con le altre istituzioni esistenti, nei cui confronti non nasconde di aspirare ad una funzione dirigente coprendo l’intero territorio nazionale.

L’impulso alla organizzazione degli interessi dei lavoratori, incoraggiato dalla crescente complessità della società, apre nuove strade al sindacato, mentre l’industrializzazione diffusa sembra porre le premesse della centralità della classe operaia, da affermare e costantemente ribadire con un peculiare apparato simbolico e con conosciute procedure rituali. In questo contesto, la definitiva scelta della via legalitaria e parlamentare, e di promozione sindacale, ribadita nel 1900 dal Congresso di Parigi dell’Internazionale – una scelta che era stata alla base della creazione nel 1892 del Partito socialista italiano – impone la ricerca del consenso e un’attività di promozione e pubblicizzazione dell’immagine, utilizzando i più moderni mezzi di comunicazione e di proselitismo, ben oltre il consueto e scarno messaggio orale. Il successo della stampa e il ruolo crescente dell’opinione pubblica ne ribadiscono l’importanza.

Non meno rilevante è la produzione cartacea all’interno dell’istituzione. Il documento è protocollato e dunque è destinato alla conservazione. Ciò da riconnettersi alla graduale burocratizzazione che, come coinvolge la società e l’attività economica, così a partire dai primi anni del Novecento penetra nei partiti e nei sindacati in proporzione al loro radicamento, già messo in luce negli studi di Sidney e Beatrice Webb e di Michels. Ma ancor più ciò riflette la progressiva articolazione dei vari partiti nazionali fra strutture centrali, locali e periferiche, dove l’esigenza comunicativa si combina con la riaffermazione dell’identità e non meno della significazione gerarchica. Infine la carta intestata e protocollata, destinata all’archivio, esprime la volontà di “costruire” una memoria, nella sedimentazione degli atti: avere una propria “storia” è garanzia anche per il futuro.

Pur con linee di tendenza comuni, derivanti dalla natura e dalla vocazione internazionalista del movimento operaio e socialista, le specificità nazionali emergono sin dall’Ottocento e permangono nel corso del Novecento. Ciò impone una serie di riflessioni sulle caratteristiche dell’evoluzione del movimento stesso, cioè sul fatto che essa sia avvenuta sulla base della irradiazione di idee e simboli prodotti da uno o più motori o se, viceversa, sia stata la risultante di un processo creativo pluralistico più ampio e differenziato.

La simbologia e ritualità del movimento socialista si richiama inizialmente al mondo del lavoro dipendente, manuale e intellettuale. Tuttavia, nella carta intestata delle organizzazioni e delle strutture ad esso afferenti appare in modo evidente un gusto letterario e umanistico che denuncia la presenza tutt’altro che marginale di elementi di origini e formazione borghese o piccolo borghese. Il linguaggio allegorico che si richiama alla tradizione classica, all’iconografica cristiana e poi a quella massonica mettono in luce un’elaborazione nata in un ambiente colto, frutto di una lettura complessa. Insomma, si coglie un’eredità di più lungo periodo e di ambito sociale assai più vasta di quella che potrebbe presumersi per partiti e istituzioni di tipo nuovo, espressione di una classe di recente formazione o che si sta formando. Simbologie e allegorie già note e in circolazione vengono semmai fatte proprie, rivedute e rivestite di nuovi messaggi ed è la grande e piccola intellettualità di matrice borghese a svolgere in ciò un ruolo fondamentale.

L’evoluzione della carta intestata nella sinistra politica, sindacale e associativa europea tra Ottocento e Novecento presenta un universo di simboli, segni, scritture che mette in luce una realtà complessa, con finalità educative e formative, che mettono in costante rapporto passato e futuro. Il messaggio che ne deriva tende alla stilizzazione, alla sintesi, alla astrattezza, alla standardizzazione ma mai alla banalità. Si richiama ad una realtà definita territorialmente, sul piano dei programmi e su quello dei referenti sociali, ma in un contesto sempre più ampio di quello rigorosamente classista. Emerge la volontà di distinguersi dagli altri, di ribadire un “io” e una appartenenza, anche territoriale, che tuttavia porta con sé costantemente l’ambizione di trasformare il mondo in nome dell’umanità intera, realizzando, attraverso la solidarietà e l’emancipazione del lavoro, i principi dell’eguaglianza, libertà e fratellanza affermatisi con la Rivoluzione francese del 1789.

Il mondo simbolico che si definisce tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si trasmette fino a noi, con poche integrazioni, e semmai con un’evoluzione grafica verso la stilizzazione. Si può dire che il momento creativo, che corrisponde all’affermazione dei soggetti istituzionali dei movimento operaio (partiti, sindacati, associazioni ecc.), è circo­scrivibile ad una trentina d’anni. Successivamente subentra una lunga fase di conservazione e di rielaborazione che non presenta consistenti novità se si esclude quella – importante – della diffusione extraeuropea, e in particolare nel Terzo Mondo, dei movimento.

Quali conseguenze trarre? Finito il momento creativo e propulsivo, è subentrato un successivo lungo periodo di assestamento (fino alla stagnazione), che preclude infine, a cavallo del XXI secolo, ad una crisi di identità? E’ un problema di comunicazione nella forbice tra l’inerzia tradizionale dell’organizzazione partitica o sindacale, sempre riluttante a modificare simboli e riti, a fronte del dinamismo della società contemporanea? Insomma, sta finendo irrimediabilmente un’epoca, qui documentata nel suo immaginario collettivo, o siamo in presenza di una transizione sia pure sofferta e difficile? 0 è tutto questo insieme?

La pagina web, che compare nell’ultimo scorcio del Novecento, è per certi versi l’evoluzione e la trasposizione della carta intestata in e- poca moderna, ma è innanzitutto il segno delle profonde trasformazioni intervenute nella società e nel sistema politico, anche per effetto di altri mezzi di comunicazione di massa come la televisione. La fine del sistema bipolare ne ha accentuato le implicazioni sulle forme tradizionali di autorappresentazione dei partiti. Dell’influenza dell’informatica sul “discorso” politico e quindi sul sistema partitico è prevalente una interpretazione positiva perché proprio nello strumento informatico, in internet in particolare, si coglie l’espressione del passaggio verso una società più aperta, libera, parteci­pata e democratica. Anziché mero fruitore del messaggio politico, il cittadino diventerebbe esso stesso partecipe, “scegliendo”, attraverso il proprio personal computer, a quali informazioni accedere e quindi imponendo al soggetto partito un nuovo modo di porsi e di presentarsi sul piano simbolico e dei contenuti. La produzione del messaggio non sarebbe pertanto più esclusivamente dall’alto al basso, o dal centro alla periferia, ma si determinerebbe nei due sensi. Il percorso è naturalmente in atto, essendo direttamente influenzato non solo dal confronto con il cosiddetto “villaggio globale” ma anche dall’evoluzione tecnologica, che mette progressivamente a disposizione di chi intende fare comunicazione, in questo caso comunicazione politica, nuovi strumenti.

 

* da Scrivere con la Sinistra. Dalla carta intestata a Internet, a cura di S.Caretti, M. Degl’Innocenti, G. Silei, Manduria Lacaita 2002, pp. 11-16.

 

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